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Ecco il monumento realizzato da Vincenzo Greco per una piazza pubblica situata a Castrofilippo

Nel cuore della Sicilia, dove la terra ha memoria antica e ogni oggetto sembra parlare la lingua del tempo, prende forma l’opera La cipolla di Castrofilippo di Vincenzo Greco. Un titolo che potrebbe trarre in inganno, evocando semplici immagini di ruralità e quotidianità, ma che invece racchiude una riflessione profonda, quasi filosofica, sul senso del tempo e della vita.

 

Il significato profondo: il tempo come respiro

 

 

Il tempo è un respiro, sfuggente come nebbia al mattino. Lo tocchiamo, credendo che ci appartenga, ma scorre via, lasciando solo ombre di ciò che avrebbe potuto essere.

Queste parole, che fanno da cornice concettuale all’opera, ci introducono in un mondo in bilico tra realtà e memoria. Greco trasforma un oggetto umile come la cipolla in un simbolo del tempo che passa, del vissuto che svanisce e di ciò che resta in ciò che sembra effimero.

 

La cipolla diventa metafora della vita stessa: strati sovrapposti, ogni foglia una fase, un ricordo, un rimpianto. L’opera ci sussurra che il vero fallimento non sta nel tempo che inevitabilmente fugge, ma nelle occasioni che lasciamo andare. È un invito alla presenza, a vivere con consapevolezza ogni attimo, perché “un’ora non vissuta è un ramo spezzato, un canto rimasto strozzato in gola.”

La cipolla di Castrofilippo si presenta come una scultura di grande realismo, realizzata in materiali misti che evocano la fragilità della materia organica. Il corpo della cipolla, cesellato con estrema precisione, mostra strati sottilissimi, quasi trasparenti, lavorati in resina e pigmenti naturali, che si sfogliano verso l’esterno come pagine di un diario antico.

 

Il basamento, ruvido e scuro, contrasta con la delicatezza della parte superiore, accentuando l’idea di radicamento e di passato. Alcune parti sembrano volutamente consunte, consumate dal tempo, come a voler sottolineare l’ineluttabilità della trasformazione e della perdita.

Il vero cuore pulsante dell’opera è il gioco di luci. Greco utilizza un’illuminazione sapiente, che varia a seconda dell’angolo di osservazione, creando ombre mutevoli e riflessi che danno alla cipolla una vita propria. La luce filtra attraverso i veli della scultura, facendo emergere screziature e venature che non si colgono a un primo sguardo.

 

È una luce che non solo rivela, ma trasforma. In certi momenti la cipolla sembra sospesa, quasi trasparente, in altri si chiude su se stessa, come a proteggere un segreto. La luce diventa tempo essa stessa: ora tenue e calda come un mattino d’estate, ora fredda e tagliente come un ricordo che punge.

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