Ecco la lettera di Papa Wojtyla a tutti gli artisti Vincenzo Greco
Ho il piacere di proporre integralmente la lettera di wojtyla a tutti i creativi.
Dopo la lettura ho il piacere di leggere le Vostre opinioni scrivete un messaggio. al mio whatsapp 3477043345
LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI ARTISTI
A quanti con appassionata dedizione
cercano nuove « epifanie » della bellezza
per farne dono al mondo
nella creazione artistica.
«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona » (Gn 1, 31).
L'artista, immagine di Dio Creatore
1. Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con
cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani. Una vibrazione di quel
sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti
dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato
l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo
creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.
Per questo mi è sembrato non ci fossero parole più appropriate di quelle della Genesi per iniziare
questa mia Lettera a voi, ai quali mi sento legato da esperienze che risalgono molto indietro nel
tempo ed hanno segnato indelebilmente la mia vita. Con questo scritto intendo mettermi sulla
strada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti che in duemila anni di storia non si è
mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di futuro alle soglie del terzo millennio.
In realtà, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivi
funzionali, ma radicato nell'essenza stessa sia dell'esperienza religiosa che della creazione
artistica. La pagina iniziale della Bibbia ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di ogni
persona che produce un'opera: nell'uomo artefice si rispecchia la sua immagine di Creatore.
Questa relazione è evocata con particolare evidenza nella lingua polacca, grazie alla vicinanza
lessicale fra le parole stwórca (creatore) e twórca (artefice).
Qual è la differenza tra « creatore » ed « artefice? » Chi crea dona l'essere stesso, trae qualcosa
dal nulla - ex nihilo sui et subiecti, si usa dire in latino - e questo, in senso stretto, è modo di
procedere proprio soltanto dell'Onnipotente. L'artefice, invece, utilizza qualcosa di già esistente, a
cui dà forma e significato. Questo modo di agire è peculiare dell'uomo in quanto immagine di Dio.
Dopo aver detto, infatti, che Dio creò l'uomo e la donna « a sua immagine » (cfr Gn 1, 27), la
Bibbia aggiunge che affidò loro il compito di dominare la terra (cfr Gn 1, 28). Fu l'ultimo giorno
della creazione (cfr Gn 1, 28-31). Nei giorni precedenti, quasi scandendo il ritmo dell'evoluzione
cosmica, Jahvé aveva creato l'universo. Al termine creò l'uomo, il frutto più nobile del suo
progetto, al quale sottomise il mondo visibile, come immenso campo in cui esprimere la sua
capacità inventiva.
Dio ha, dunque, chiamato all'esistenza l'uomo trasmettendogli il compito di essere artefice. Nella «
creazione artistica » l'uomo si rivela più che mai « immagine di Dio », e realizza questo compito
prima di tutto plasmando la stupenda « materia » della propria umanità e poi anche esercitando un
dominio creativo sull'universo che lo circonda. L'Artista divino, con amorevole condiscendenza,
trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all'artista umano, chiamandolo a
condividere la sua potenza creatrice. E ovviamente una partecipazione, che lascia intatta l'infinita
distanza tra il Creatore e la creatura, come sottolineava il Cardinale Nicolò Cusano: « L'arte
creativa, che l'anima ha la fortuna di ospitare, non s'identifica con quell'arte per essenza che è
Dio, ma di essa è soltanto una comunicazione ed una partecipazione ».(1)
Per questo l'artista, quanto più consapevole del suo « dono », tanto più è spinto a guardare a se
stesso e all'intero creato con occhi capaci di contemplare e ringraziare, elevando a Dio il suo inno
di lode. Solo così egli può comprendere a fondo se stesso, la propria vocazione e la propria
missione.
La speciale vocazione dell'artista
2. Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine. Secondo l'espressione
della Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un
certo senso, egli deve farne un'opera d'arte, un capolavoro.
E importante cogliere la distinzione, ma anche la connessione, tra questi due versanti dell'attività
umana. La distinzione è evidente. Una cosa, infatti, è la disposizione grazie alla quale l'essere
umano è l'autore dei propri atti ed è responsabile del loro valore morale, altra cosa è la
disposizione per cui egli è artista, sa agire cioè secondo le esigenze dell'arte, accogliendone con
fedeltà gli specifici dettami.(2) Per questo l'artista è capace di produrre oggetti, ma ciò, di per sé,
non dice ancora nulla delle sue disposizioni morali. Qui, infatti, non si tratta di plasmare se stesso,
di formare la propria personalità, ma soltanto di mettere a frutto capacità operative, dando forma
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estetica alle idee concepite con la mente.
Ma se la distinzione è fondamentale, non meno importante è la connessione tra queste due
disposizioni, la morale e l'artistica. Esse si condizionano reciprocamente in modo profondo. Nel
modellare un'opera, l'artista esprime di fatto se stesso a tal punto che la sua produzione
costituisce un riflesso singolare del suo essere, di ciò che egli è e di come lo è. Ciò trova
innumerevoli conferme nella storia dell'umanità. L'artista, infatti, quando plasma un capolavoro,
non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la
propria personalità. Nell'arte egli trova una dimensione nuova e uno straordinario canale
d'espressione per la sua crescita spirituale. Attraverso le opere realizzate, l'artista parla e
comunica con gli altri. La storia dell'arte, perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di
uomini. Le opere d'arte parlano dei loro autori, introducono alla conoscenza del loro intimo e
rivelano l'originale contributo da essi offerto alla storia della cultura.
La vocazione artistica a servizio della bellezza
3. Scrive un noto poeta polacco, Cyprian Norwid: « La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il
lavoro è per risorgere ».(3)
Il tema della bellezza è qualificante per un discorso sull'arte. Esso si è già affacciato, quando ho
sottolineato lo sguardo compiaciuto di Dio di fronte alla creazione. Nel rilevare che quanto aveva
creato era cosa buona, Dio vide anche che era cosa bella.(4) Il rapporto tra buono e bello suscita
riflessioni stimolanti. La bellezza è in un certo senso l'espressione visibile del bene, come il bene è
la condizione metafisica della bellezza. Lo avevano ben capito i Greci che, fondendo insieme i due
concetti, coniarono una locuzione che li abbraccia entrambi: « kalokagathía« , ossia « bellezzabontà ». Platone scrive al riguardo: « La potenza del Bene si è rifugiata nella natura del Bello ».(5)
E vivendo ed operando che l'uomo stabilisce il proprio rapporto con l'essere, con la verità e con il
bene. L'artista vive una peculiare relazione con la bellezza. In un senso molto vero si può dire che
la bellezza è la vocazione a lui rivolta dal Creatore col dono del « talento artistico ». E, certo,
anche questo è un talento da far fruttare, nella logica della parabola evangelica dei talenti (cfr Mt
25, 14-30).
Tocchiamo qui un punto essenziale. Chi avverte in sé questa sorta di scintilla divina che è la
vocazione artistica - di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, di
attore... - avverte al tempo stesso l'obbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, per
metterlo a servizio del prossimo e di tutta l'umanità.
L'artista ed il bene comune
4. La società, in effetti, ha bisogno di artisti, come ha bisogno di scienziati, di tecnici, di lavoratori,
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di professionisti, di testimoni della fede, di maestri, di padri e di madri, che garantiscano la crescita
della persona e lo sviluppo della comunità attraverso quell'altissima forma di arte che è « l'arte
educativa ». Nel vasto panorama culturale di ogni nazione, gli artisti hanno il loro specifico posto.
Proprio mentre obbediscono al loro estro, nella realizzazione di opere veramente valide e belle,
essi non solo arricchiscono il patrimonio culturale di ciascuna nazione e dell'intera umanità, ma
rendono anche un servizio sociale qualificato a vantaggio del bene comune.
La differente vocazione di ogni artista, mentre determina l'ambito del suo servizio, indica i compiti
che deve assumersi, il duro lavoro a cui deve sottostare, la responsabilità che deve affrontare. Un
artista consapevole di tutto ciò sa anche di dover operare senza lasciarsi dominare dalla ricerca di
gloria fatua o dalla smania di una facile popolarità, ed ancor meno dal calcolo di un possibile
profitto personale. C'è dunque un'etica, anzi una « spiritualità » del servizio artistico, che a suo
modo contribuisce alla vita e alla rinascita di un popolo. Proprio a questo sembra voler alludere
Cyprian Norwid quando afferma: « La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per
risorgere ».
L'arte davanti al mistero del Verbo incarnato
5. La Legge dell'Antico Testamento presenta un esplicito divieto di raffigurare Dio invisibile ed
inesprimibile con l'aiuto di « un'immagine scolpita o di metallo fuso » (Dt 27, 15), perché Dio
trascende ogni raffigurazione materiale: « Io sono colui che sono » (Es 3, 14). Nel mistero
dell'Incarnazione, tuttavia, il Figlio di Dio in persona si è reso visibile: « Quando venne la pienezza
del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna » (Gal 4, 4). Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, il
quale è diventato così « il centro a cui riferirsi per poter comprendere l'enigma dell'esistenza
umana, del mondo creato e di Dio stesso ».(6)
Questa fondamentale manifestazione del « Dio-Mistero » si pose come incoraggiamento e sfida
per i cristiani, anche sul piano della creazione artistica. Ne è scaturita una fioritura di bellezza che
proprio da qui, dal mistero dell'Incarnazione, ha tratto la sua linfa. Facendosi uomo, infatti, il Figlio
di Dio ha introdotto nella storia dell'umanità tutta la ricchezza evangelica della verità e del bene, e
con essa ha svelato anche una nuova dimensione della bellezza: il messaggio evangelico ne è
colmo fino all'orlo.
La Sacra Scrittura è diventata così una sorta di « immenso vocabolario » (P. Claudel) e di «
atlante iconografico » (M. Chagall), a cui hanno attinto la cultura e l'arte cristiana. Lo stesso Antico
Testamento, interpretato alla luce del Nuovo, ha manifestato filoni inesauribili di ispirazione. A
partire dai racconti della creazione, del peccato, del diluvio, del ciclo dei Patriarchi, degli eventi
dell'esodo, fino a tanti altri episodi e personaggi della storia della salvezza, il testo biblico ha
acceso l'immaginazione di pittori, poeti, musicisti, autori di teatro e di cinema. Una figura come
quella di Giobbe, per fare solo un esempio, con la sua bruciante e sempre attuale problematica
del dolore, continua a suscitare insieme l'interesse filosofico e quello letterario ed artistico. E che
dire poi del Nuovo Testamento? Dalla Natività al Golgota, dalla Trasfigurazione alla Risurrezione,
dai miracoli agli insegnamenti di Cristo, fino agli eventi narrati negli Atti degli Apostoli o prospettati
dall'Apocalisse in chiave escatologica, innumerevoli volte la parola biblica si è fatta immagine,
musica, poesia, evocando con il linguaggio dell'arte il mistero del « Verbo fatto carne ».
Nella storia della cultura tutto ciò costituisce un ampio capitolo di fede e di bellezza. Ne hanno
beneficiato soprattutto i credenti per la loro esperienza di preghiera e di vita. Per molti di essi, in
epoche di scarsa alfabetizzazione, le espressioni figurative della Bibbia rappresentarono persino
una concreta mediazione catechetica.(7) Ma per tutti, credenti e non, le realizzazioni artistiche
ispirate alla Scrittura rimangono un riflesso del mistero insondabile che avvolge ed abita il mondo.
Tra Vangelo ed arte un'alleanza feconda
6. In effetti, ogni autentica intuizione artistica va oltre ciò che percepiscono i sensi e, penetrando la
realtà, si sforza di interpretarne il mistero nascosto. Essa scaturisce dal profondo dell'animo
umano, là dove l'aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna alla percezione
fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose. Un'esperienza condivisa da tutti gli artisti
è quella del divario incolmabile che esiste tra l'opera delle loro mani, per quanto riuscita essa sia,
e la perfezione folgorante della bellezza percepita nel fervore del momento creativo: quanto essi
riescono ad esprimere in ciò che dipingono, scolpiscono, creano non è che un barlume di quello
splendore che è balenato per qualche istante davanti agli occhi del loro spirito.
Di questo il credente non si meraviglia: egli sa di essersi affacciato per un attimo su quell'abisso di
luce che ha in Dio la sua sorgente originaria. C'è forse da stupirsi se lo spirito ne resta come
sopraffatto al punto da non sapersi esprimere che con balbettamenti? Nessuno più del vero artista
è pronto a riconoscere il suo limite ed a far proprie le parole dell'apostolo Paolo, secondo il quale
Dio « non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo », così che « non dobbiamo pensare che
la Divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e
dell'immaginazione umana » (At 17,24.29). Se già l'intima realtà delle cose sta sempre « al di là »
delle capacità di penetrazione umana, quanto più Dio nelle profondità del suo insondabile mistero!
Di altra natura è la conoscenza di fede: essa suppone un incontro personale con Dio in Gesù
Cristo. Anche questa conoscenza, tuttavia, può trarre giovamento dall'intuizione artistica. Modello
eloquente di una contemplazione estetica che si sublima nella fede sono, ad esempio, le opere del
Beato Angelico. Non meno significativa è, a questo proposito, la lauda estatica, che san
Francesco d'Assisi ripete due volte nella chartula redatta dopo aver ricevuto sul monte della Verna
le stimmate di Cristo: « Tu sei bellezza... Tu sei bellezza! ».(8) San Bonaventura commenta: «
Contemplava nelle cose belle il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva
dovunque il Diletto ».(9)
Un approccio non dissimile si riscontra nella spiritualità orientale, ove Cristo è qualificato come « il
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Bellissimo di bellezza più di tutti i mortali ».(10) Macario il Grande commenta così la bellezza
trasfigurante e liberatrice del Risorto: « L'anima che è stata pienamente illuminata dalla bellezza
indicibile della gloria luminosa del volto di Cristo, è ricolma dello Spirito Santo... è tutta occhio,
tutta luce, tutta volto ».(11)
Ogni forma autentica d'arte è, a suo modo, una via d'accesso alla realtà più profonda dell'uomo e
del mondo. Come tale, essa costituisce un approccio molto valido all'orizzonte della fede, in cui la
vicenda umana trova la sua interpretazione compiuta. Ecco perché la pienezza evangelica della
verità non poteva non suscitare fin dall'inizio l'interesse degli artisti, sensibili per loro natura a tutte
le manifestazioni dell'intima bellezza della realtà.
I primordi
7. L'arte che il cristianesimo incontrò ai suoi inizi era il frutto maturo del mondo classico, ne
esprimeva i canoni estetici e al tempo stesso ne veicolava i valori. La fede imponeva ai cristiani,
come nel campo della vita e del pensiero, anche in quello dell'arte, un discernimento che non
consentiva la ricezione automatica di questo patrimonio. L'arte di ispirazione cristiana cominciò
così in sordina, strettamente legata al bisogno dei credenti di elaborare dei segni con cui
esprimere, sulla base della Scrittura, i misteri della fede e insieme un « codice simbolico »,
attraverso cui riconoscersi e identificarsi specie nei tempi difficili delle persecuzioni. Chi non
ricorda quei simboli che furono anche i primi accenni di un'arte pittorica e plastica? Il pesce, i pani,
il pastore, evocavano il mistero diventando, quasi insensibilmente, abbozzi di un'arte nuova.
Quando ai cristiani, con l'editto di Costantino, fu concesso di esprimersi in piena libertà, l'arte
divenne un canale privilegiato di manifestazione della fede. Lo spazio cominciò a fiorire di
maestose basiliche, in cui i canoni architettonici dell'antico paganesimo venivano ripresi e insieme
piegati alle esigenze del nuovo culto. Come non ricordare almeno l'antica Basilica di San Pietro e
quella di San Giovanni in Laterano, costruite a spese dello stesso Costantino? O, per gli splendori
dell'arte bizantina, la Haghia Sophía di Costantinopoli voluta da Giustiniano?
Mentre l'architettura disegnava lo spazio sacro, progressivamente il bisogno di contemplare il
mistero e di proporlo in modo immediato ai semplici spinse alle iniziali espressioni dell'arte
pittorica e scultorea. Insieme sorgevano i primi abbozzi di un'arte della parola e del suono, e se
Agostino, fra i tanti temi della sua produzione, includeva anche un De musica, Ilario, Ambrogio,
Prudenzio, Efrem il Siro, Gregorio di Nazianzo, Paolino di Nola, per non citare che alcuni nomi, si
facevano promotori di una poesia cristiana che spesso raggiunge un alto valore non solo teologico
ma anche letterario. Il loro programma poetico valorizzava forme ereditate dai classici, ma
attingeva alla pura linfa del Vangelo, come efficacemente sentenziava il santo poeta nolano: « La
nostra unica arte è la fede e Cristo è il nostro canto ».(12) Gregorio Magno, per parte sua, qualche
tempo più tardi poneva con la compilazione dell'Antiphonarium la premessa per lo sviluppo
organico di quella musica sacra così originale che da lui ha preso nome. Con le sue ispirate
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modulazioni il Canto gregoriano diverrà nei secoli la tipica espressione melodica della fede della
Chiesa durante la celebrazione liturgica dei sacri Misteri. Il « bello » si coniugava così col « vero »,
perché anche attraverso le vie dell'arte gli animi fossero rapiti dal sensibile all'eterno.
In questo cammino non mancarono momenti difficili. Proprio sul tema della rappresentazione del
mistero cristiano l'antichità conobbe un'aspra controversia passata alla storia col nome di « lotta
iconoclasta ». Le immagini sacre, ormai diffuse nella devozione del popolo di Dio, furono fatte
oggetto di una violenta contestazione. Il Concilio celebrato a Nicea nel 787, che stabilì la liceità
delle immagini e del loro culto, fu un avvenimento storico non solo per la fede, ma per la stessa
cultura. L'argomento decisivo a cui i Vescovi si appellarono per dirimere la controversia fu il
mistero dell'Incarnazione: se il Figlio di Dio è entrato nel mondo delle realtà visibili, gettando un
ponte mediante la sua umanità tra il visibile e l'invisibile, analogamente si può pensare che una
rappresentazione del mistero possa essere usata, nella logica del segno, come evocazione
sensibile del mistero. L'icona non è venerata per se stessa, ma rinvia al soggetto che
rappresenta.(13)
Il Medioevo
8. I secoli che seguirono furono testimoni di un grande sviluppo dell'arte cristiana. In Oriente
continuò a fiorire l'arte delle icone, legata a significativi canoni teologici ed estetici e sorretta dalla
convinzione che, in un certo senso, l'icona è un sacramento: analogamente, infatti, a quanto
avviene nei Sacramenti, essa rende presente il mistero dell'Incarnazione nell'uno o nell'altro suo
aspetto. Proprio per questo la bellezza dell'icona può essere soprattutto gustata all'interno di un
tempio con lampade che ardono e suscitano nella penombra infiniti riflessi di luce. Scrive in
proposito Pavel Florenskij: « L'oro, barbaro, pesante, futile nella luce diffusa del giorno, con la luce
tremolante di una lampada o di una candela si ravviva, poiché sfavilla di miriadi di scintille, ora qui
ora là, facendo presentire altre luci non terrestri che riempiono lo spazio celeste ».(14)
In Occidente i punti di vista da cui partono gli artisti sono i più vari, in dipendenza anche dalle
convinzioni di fondo presenti nell'ambiente culturale del loro tempo. Il patrimonio artistico che s'è
venuto accumulando nel corso dei secoli annovera una vastissima fioritura di opere sacre
altamente ispirate, che lasciano anche l'osservatore di oggi colmo di ammirazione. Restano in
primo piano le grandi costruzioni del culto, in cui la funzionalità si sposa sempre all'estro, e
quest'ultimo si lascia ispirare dal senso del bello e dall'intuizione del mistero. Ne nascono gli stili
ben noti alla storia dell'arte. La forza e la semplicità del romanico, espressa nelle cattedrali o nei
complessi abbaziali, si va gradatamente sviluppando negli slanci e negli splendori del gotico.
Dentro queste forme, non c'è solo il genio di un artista, ma l'animo di un popolo. Nei giochi delle
luci e delle ombre, nelle forme ora massicce ora slanciate, intervengono certo considerazioni di
tecnica strutturale, ma anche tensioni proprie dell'esperienza di Dio, mistero « tremendo » e «
fascinoso ». Come sintetizzare in pochi cenni, e per le diverse espressioni dell'arte, la potenza
creativa dei lunghi secoli del medioevo cristiano? Un'intera cultura, pur nei limiti sempre presenti
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dell'umano, si era impregnata di Vangelo, e dove il pensiero teologico realizzava la Summa di S.
Tommaso, l'arte delle chiese piegava la materia all'adorazione del mistero, mentre un mirabile
poeta come Dante Alighieri poteva comporre « il poema sacro, al quale ha posto mano e cielo e
terra »,(15) come egli stesso qualifica la Divina Commedia.
Umanesimo e Rinascimento
9. La felice temperie culturale, da cui germoglia la straordinaria fioritura artistica dell'Umanesimo e
del Rinascimento, ha riflessi significativi anche sul modo in cui gli artisti di questo periodo si
rapportano al tema religioso. Naturalmente le ispirazioni sono variegate quanto lo sono i loro stili,
o almeno quelli dei più grandi tra essi. Ma non è nelle mie intenzioni richiamare cose che voi,
artisti, ben conoscete. Vorrei piuttosto, scrivendovi da questo Palazzo Apostolico, che è anche
uno scrigno di capolavori forse unico al mondo, farmi voce dei sommi artisti che qui hanno
riversato le ricchezze del loro genio, intriso spesso di grande profondità spirituale. Da qui parla
Michelangelo, che nella Cappella Sistina ha come raccolto, dalla Creazione al Giudizio Universale,
il dramma e il mistero del mondo, dando volto a Dio Padre, a Cristo giudice, all'uomo nel suo
faticoso cammino dalle origini al traguardo della storia. Da qui parla il genio delicato e profondo di
Raffaello, additando nella varietà dei suoi dipinti, e specie nella « Disputa » della Stanza della
Segnatura, il mistero della rivelazione del Dio Trinitario, che nell'Eucaristia si fa compagnia
dell'uomo, e proietta luce sulle domande e le attese dell'intelligenza umana. Da qui, dalla
maestosa Basilica dedicata al Principe degli Apostoli, dal colonnato che da essa si diparte come
due braccia aperte ad accogliere l'umanità, parlano ancora un Bramante, un Bernini, un Borromini,
un Maderno, per non citare che i maggiori, dando plasticamente il senso del mistero che fa della
Chiesa una comunità universale, ospitale, madre e compagna di viaggio per ogni uomo alla
ricerca di Dio.
L'arte sacra ha trovato, in questo complesso straordinario, un'espressione di eccezionale potenza,
raggiungendo livelli di imperituro valore insieme estetico e religioso. Ciò che sempre di più la
caratterizza, sotto l'impulso dell'Umanesimo e del Rinascimento, e poi delle successive tendenze
della cultura e della scienza, è un interesse crescente per l'uomo, il mondo, la realtà della storia.
Questa attenzione, di per sé, non è affatto un pericolo per la fede cristiana, centrata sul mistero
dell'Incarnazione, e dunque sulla valorizzazione dell'uomo da parte di Dio. Proprio i sommi artisti
su menzionati ce lo dimostrano. Basterebbe pensare al modo con cui Michelangelo esprime, nelle
sue pitture e sculture, la bellezza del corpo umano.(16)
Del resto, anche nel nuovo clima degli ultimi secoli, in cui parte della società sembra divenusta
indifferente alla fede, l'arte religiosa non ha interrotto il suo cammino. La constatazione si amplia,
se dal versante delle arti figurative, passiamo a considerare il grande sviluppo che, proprio nello
stesso arco di tempo, ha avuto la musica sacra, composta per le esigenze liturgiche, o anche solo
legata a temi religiosi. A parte i tanti artisti che si sono dedicati principalmente ad essa - come non
ricordare almeno un Pier Luigi da Palestrina, un Orlando di Lasso, un Tomás Luis de Victoria? - è
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noto che molti grandi compositori - da Handel a Bach, da Mozart a Schubert, da Beethoven a
Berlioz, da Liszt a Verdi - ci hanno dato opere di grandissima ispirazione anche in questo campo.
Verso un rinnovato dialogo
10. E vero però che nell'età moderna, accanto a questo umanesimo cristiano che ha continuato a
produrre significative espressioni di cultura e di arte, si è progressivamente affermata anche una
forma di umanesimo caratterizzato dall'assenza di Dio e spesso dall'opposizione a lui. Questo
clima ha portato talvolta a un certo distacco tra il mondo dell'arte e quello della fede, almeno nel
senso di un diminuito interesse di molti artisti per i temi religiosi.
Voi sapete tuttavia che la Chiesa ha continuato a nutrire un grande apprezzamento per il valore
dell'arte come tale. Questa, infatti, anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose,
quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di
maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorta di ponte
gettato verso l'esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va
al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando
scruta le profondità più oscure dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in
qualche modo voce dell'universale attesa di redenzione.
Si comprende, dunque, perché al dialogo con l'arte la Chiesa tenga in modo speciale e desideri
che nella nostra età si realizzi una nuova alleanza con gli artisti, come auspicava il mio venerato
predecessore Paolo VI nel vibrante discorso rivolto agli artisti durante lo speciale incontro nella
Cappella Sistina, il 7 maggio 1964.(17) Da tale collaborazione la Chiesa si augura una rinnovata «
epifania » di bellezza per il nostro tempo e adeguate risposte alle esigenze proprie della comunità
cristiana.
Nello spirito del Concilio Vaticano II
11. Il Concilio Vaticano II ha gettato le basi di un rinnovato rapporto fra la Chiesa e la cultura, con
immediati riflessi anche per il mondo dell'arte. E un rapporto che si propone nel segno
dell'amicizia, dell'apertura e del dialogo. Nella Costituzione pastorale Gaudium et spes i Padri
conciliari hanno sottolineato la « grande importanza » della letteratura e delle arti nella vita
dell'uomo: « Esse si sforzano, infatti, di conoscere l'indole propria dell'uomo, i suoi problemi e la
sua esperienza, nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; si preoccupano di
scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i
suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una migliore condizione dell'uomo ».(18)
Su questa base, a conclusione del Concilio, i Padri hanno rivolto agli artisti un saluto e un appello:
« Questo mondo - hanno detto - nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza, per non cadere
nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è un frutto
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prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare
nell'ammirazione ».(19) Appunto in questo spirito di profonda stima per la bellezza, la Costituzione
sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium aveva ricordato la storica amicizia della Chiesa per
l'arte, e parlando più specificamente dell'arte sacra, « vertice » dell'arte religiosa, non aveva
esitato a considerare « nobile ministero » quello degli artisti quando le loro opere sono capaci di
riflettere, in qualche modo, l'infinita bellezza di Dio, e indirizzare a lui le menti degli uomini.(20)
Anche grazie al loro contributo « la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione
evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini ».(21) Alla luce di ciò, non
sorprende l'affermazione del P. Marie Dominique Chenu, secondo cui lo stesso storico della
teologia farebbe opera incompleta, se non riservasse la dovuta attenzione alle realizzazioni
artistiche, sia letterarie che plastiche, che costituiscono, a loro modo, « non soltanto delle
illustrazioni estetiche, ma dei veri “luoghi” teologici ».(22)
La Chiesa ha bisogno dell'arte
12. Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell'arte. Essa deve,
infatti, rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito,
dell'invisibile, di Dio. Deve dunque trasferire in formule significative ciò che è in se stesso
ineffabile. Ora, l'arte ha una capacità tutta sua di cogliere l'uno o l'altro aspetto del messaggio
traducendolo in colori, forme, suoni che assecondano l'intuizione di chi guarda o ascolta. E questo
senza privare il messaggio stesso del suo valore trascendente e del suo alone di mistero.
La Chiesa ha bisogno, in particolare, di chi sappia realizzare tutto ciò sul piano letterario e
figurativo, operando con le infinite possibilità delle immagini e delle loro valenze simboliche. Cristo
stesso ha utilizzato ampiamente le immagini nella sua predicazione, in piena coerenza con la
scelta di diventare egli stesso, nell'Incarnazione, icona del Dio invisibile.
La Chiesa ha bisogno, altresì, dei musicisti. Quante composizioni sacre sono state elaborate nel
corso dei secoli da persone profondamente imbevute del senso del mistero! Innumerevoli credenti
hanno alimentato la loro fede alle melodie sbocciate dal cuore di altri credenti e divenute parte
della liturgia o almeno aiuto validissimo al suo decoroso svolgimento. Nel canto la fede si
sperimenta come esuberanza di gioia, di amore, di fiduciosa attesa dell'intervento salvifico di Dio.
La Chiesa ha bisogno di architetti, perché ha bisogno di spazi per riunire il popolo cristiano e per
celebrare i misteri della salvezza. Dopo le terribili distruzioni dell'ultima guerra mondiale e
l'espansione delle metropoli, una nuova generazione di architetti si è cimentata con le istanze del
culto cristiano, confermando la capacità di ispirazione che il tema religioso possiede anche
rispetto ai criteri architettonici del nostro tempo. Non di rado, infatti, si sono costruiti templi che
sono, insieme, luoghi di preghiera ed autentiche opere d'arte.
L'arte ha bisogno della Chiesa?
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13. La Chiesa, dunque, ha bisogno dell'arte. Si può dire anche che l'arte abbia bisogno della
Chiesa? La domanda può apparire provocatoria. In realtà, se intesa nel giusto senso, ha una sua
motivazione legittima e profonda. L'artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il
suo tormento è di riuscire ad esprimere il mondo dell'ineffabile. Come non vedere allora quale
grande sorgente di ispirazione possa essere per lui quella sorta di patria dell'anima che è la
religione? Non è forse nell'ambito religioso che si pongono le domande personali più importanti e
si cercano le risposte esistenziali definitive?
Di fatto, il soggetto religioso è fra i più trattati dagli artisti di ogni epoca. La Chiesa ha fatto sempre
appello alle loro capacità creative per interpretare il messaggio evangelico e la sua concreta
applicazione nella vita della comunità cristiana. Questa collaborazione è stata fonte di reciproco
arricchimento spirituale. In definitiva ne ha tratto vantaggio la comprensione dell'uomo, della sua
autentica immagine, della sua verità. E emerso anche il peculiare legame esistente tra l'arte e la
rivelazione cristiana. Ciò non vuol dire che il genio umano non abbia trovato suggestioni stimolanti
anche in altri contesti religiosi. Basti ricordare l'arte antica, specialmente quella greca e romana, e
quella ancora fiorente delle antichissime civiltà dell'Oriente. Resta vero, tuttavia, che il
cristianesimo, in virtù del dogma centrale dell'incarnazione del Verbo di Dio, offre all'artista un
orizzonte particolarmente ricco di motivi di ispirazione. Quale impoverimento sarebbe per l'arte
l'abbandono del filone inesauribile del Vangelo!
Appello agli artisti
14. Con questa Lettera mi rivolgo a voi, artisti del mondo intero, per confermarvi la mia stima e per
contribuire al riannodarsi di una più proficua cooperazione tra l'arte e la Chiesa. Il mio è un invito a
riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo
l'arte nelle sue più nobili forme espressive. E in questa prospettiva che io faccio appello a voi,
artisti della parola scritta e orale, del teatro e della musica, delle arti plastiche e delle più moderne
tecnologie di comunicazione. Faccio appello specialmente a voi, artisti cristiani: a ciascuno vorrei
ricordare che l'alleanza stretta da sempre tra Vangelo ed arte, al di là delle esigenze funzionali,
implica l'invito a penetrare con intuizione creativa nel mistero del Dio incarnato e, al contempo, nel
mistero dell'uomo.
Ogni essere umano, in un certo senso, è sconosciuto a se stesso. Gesù Cristo non soltanto rivela
Dio, ma « svela pienamente l'uomo all'uomo ».(23) In Cristo Dio ha riconciliato a sé il mondo. Tutti
i credenti sono chiamati a rendere questa testimonianza; ma tocca a voi, uomini e donne che
avete dedicato all'arte la vostra vita, dire con la ricchezza della vostra genialità che in Cristo il
mondo è redento: è redento l'uomo, è redento il corpo umano, è redenta l'intera creazione, di cui
san Paolo ha scritto che « attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio » (Rm 8, 19). Essa
aspetta la rivelazione dei figli di Dio anche mediante l'arte e nell'arte. E questo il vostro compito. A
contatto con le opere d'arte, l'umanità di tutti i tempi - anche quella di oggi - aspetta di essere
illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino.
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Spirito creatore ed ispirazione artistica
15. Nella Chiesa risuona spesso l'invocazione allo Spirito Santo: Veni, Creator Spiritus . . . - «
Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato ».(24)
Lo Spirito Santo, « il Soffio » (ruah), è Colui a cui fa cenno già il Libro della Genesi: « La terra era
informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque » (1,2).
Quanta affinità esiste tra le parole « soffio - spirazione » e « ispirazione »! Lo Spirito è il misterioso
artista dell'universo. Nella prospettiva del terzo millennio, vorrei augurare a tutti gli artisti di poter
ricevere in abbondanza il dono di quelle ispirazioni creative da cui prende inizio ogni autentica
opera d'arte.
Cari artisti, voi ben lo sapete, molti sono gli stimoli, interiori ed esteriori, che possono ispirare il
vostro talento. Ogni autentica ispirazione, tuttavia, racchiude in sé qualche fremito di quel « soffio
» con cui lo Spirito creatore pervadeva sin dall'inizio l'opera della creazione. Presiedendo alle
misteriose leggi che governano l'universo, il divino soffio dello Spirito creatore s'incontra con il
genio dell'uomo e ne stimola la capacità creativa. Lo raggiunge con una sorta di illuminazione
interiore, che unisce insieme l'indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della
mente e del cuore rendendolo atto a concepire l'idea e a darle forma nell'opera d'arte. Si parla
allora giustamente, se pure analogicamente, di « momenti di grazia », perché l'essere umano ha
la possibilità di fare una qualche esperienza dell'Assoluto che lo trascende.
La « Bellezza » che salva
16. Sulla soglia ormai del terzo millennio, auguro a tutti voi, artisti carissimi, di essere raggiunti da
queste ispirazioni creative con intensità particolare. La bellezza che trasmetterete alle generazioni
di domani sia tale da destare in esse lo stupore! Di fronte alla sacralità della vita e dell'essere
umano, di fronte alle meraviglie dell'universo, l'unico atteggiamento adeguato è quello dello
stupore.
Da qui, dallo stupore, potrà scaturire quell'entusiasmo di cui parla Norwid nella poesia a cui mi
riferivo all'inizio. Di questo entusiasmo hanno bisogno gli uomini di oggi e di domani per affrontare
e superare le sfide cruciali che si annunciano all'orizzonte. Grazie ad esso l'umanità, dopo ogni
smarrimento, potrà ancora rialzarsi e riprendere il suo cammino. In questo senso è stato detto con
profonda intuizione che « la bellezza salverà il mondo ».(25)
La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. E invito a gustare la vita e a sognare il
futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può appagare, e suscita quell'arcana nostalgia
di Dio che un innamorato del bello come sant'Agostino ha saputo interpretare con accenti
ineguagliabili: « Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato! ».(26)
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I vostri molteplici sentieri, artisti del mondo, possano condurre tutti a quell'Oceano infinito di
bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia.
Vi orienti ed ispiri il mistero del Cristo risorto, della cui contemplazione gioisce in questi giorni la
Chiesa.
Vi accompagni la Vergine Santa, la « tutta bella » che innumerevoli artisti hanno effigiato e il
sommo Dante contempla negli splendori del Paradiso come « bellezza, che letizia era ne li occhi a
tutti li altri santi ».(27)
«Emerge dal caos il mondo dello spirito »! Dalle parole che Adam Mickiewicz scriveva in un
momento di grande travaglio per la patria polacca(28) traggo un auspicio per voi: la vostra arte
contribuisca all'affermarsi di una bellezza autentica che, quasi riverbero dello Spirito di Dio,
trasfiguri la materia, aprendo gli animi al senso dell'eterno.
Con i miei auguri più cordiali!
Dal Vaticano, 4 aprile 1999, Pasqua di Risurrezione.