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Arturo Di Modica l'ho conosciuto troppo tardi, artista meraviglio Vincenzo Greco

Onore ad Arturo Di Modica per quel magnifico toro che carica l’America

Chi visita New York non può più esimersi dal visitare quella statua che lo scultore di Vittoria rischiando piazzò senza permessi a Wall Street in crisi

La scomparsa di Arturo Di Modica, il venerdì 19 febbraio, nella sua amata Vittoria, ove era tornato per nostalgia, lascia un vuoto incolmabile nell’arte non solo siciliana, ma mondiale. Il male inesorabile gli aveva concesso di raggiungere 80 anni il 26 gennaio scorso. Lo “scultore del cosmo” aveva già un “progetto ambizioso”, un sogno nel cassetto, di collocare nella fiumara di Ippari del suo paese Vittoria, nel consorzio comunale di Ragusa, una coppia di cavalli in bronzo alta 40 metri. È un auspicio e un invito da non eludere che il prototipo di 8 metri da lui creato venga realizzato dal Comune, meglio dalla Regione Sicilia, opera postuma come l’America di Kafka, ma questa volta compiuta, ma non materialmente realizzata. Rivaleggerà con la straordinaria “Fiumara d’arte”, lungo il torrente di Tusa, città metropolitana di Messina, geniale, originale ed unico Museo all’aperto, ideato da Antonio Presti e inaugurato nel 1986 con “La materia poteva non esserci” di Pietro Consagra e che si orna ad oggi lungo il corso del fiume di altre undici opere di artisti contemporanei tra le quali “Il monumento per un poeta morto” o “La finestra sul mare” e quelle di Tano Festa, di Hidetoshi Nagasawa e Pietro Dorazio e Graziano Marini. Il prologo su questo Museo ha una sua ragion d’essere, se si bada alla data, 1986.

Arturo Di Modica nel 2017 accanto al suo toro a Wall Street (Wikimedia/Oneiromante)

Anch’io “pellegrino”, visitai per la prima volta l’artista, diciamo il suo capolavoro, nel mio secondo viaggio a New York, nel 2008, nel consueto tour della città d’obbligo per avere uno sguardo di insieme. Come tanti milioni in pellegrinaggio, si dice, più di quelli che visitano la Statue of Liberty, inaugurata nel 1886. La tappa che mi scosse davanti al quel toro furente, sbilanciato alla carica, nella sua posizione di scatto. Rimase fisso nella memoria e nell’animo e ancor di più quando ne conobbi la storia.

Carmelo Fucarino durante la sua prima visita al Toro di Wall Street

Un cittadino di Vittoria che vuol donare alla città dei sogni di tanti siciliani in una esposizione permanente e senza contributo un simbolo forte della storia del mondo e della capacità di rinascita, come l’araba Fenice, della finanza e dell’economia nazionale statunitense. E con quale forza di rappresentazione, con la vivida immagine di uno slancio che sembra volerci incornare. Poi seppi del simbolo di Wall Street, di quella strada che segnava il muro perimetrale della New Amsterdam, oggi la porta di Manhattan, aperta al grande attracco.

Girai nella strada parallela e mi trovai davanti quella facciata e quel logo che rappresenta la finanza mondiale, il santuario del capitalismo globale, il luogo in cui si fanno o disfanno i destini degli uomini. Il toro della mitologia del nostro Mediterraneo, il bue che Esiodo colloca nell’ordine dopo “la casa e una donna”, il dio-toro del Minotauro di Creta, il toro delle corride della Spagna odierna, di “Fiesta” di Hemingway.

La prima pagina del New York Post sulla rimozione del toro di Arturo Di Modica da Wall Street

A pensare che si tratta di una scultura del peso di 3,2 tonnellate, lunga quasi 5 metri, si resta sbalorditi delle difficoltà del trasporto, ma anche della collocazione davanti a quella piazza. Intanto tre anni di lavoro e la spesa di 360 mila dollari sostenuta interamente dall’artista, autofinanziandosi con la vendita di parte della casa di famiglia, poi la difficoltà di ottenere l’autorizzazione e la sua collocazione nella notte del 16 dicembre, penso all’inverno di New York, del 1989, di nascosto e abusivamente sfidando la ronda della NYP solo cinque minuti, quaranta amici e parenti con un camion e una gru, e la statua è depositata accanto all’albero di Natale. Si immagini lo stupore dei passanti, ma anche di sindaco e assessori che non riuscivano a capire chi avesse commissionato tale opera.

L’ira del direttore, la multa di 500 dollari e il nuovo sito alle spalle in Bowling Street. Gli States stavano uscendo dalla grave recessione e dal crack del 1987. Era la sfida al crollo e alla sfiducia nella finanza, nella perdita secca del Dow Jones del 22,6% in una sola notte da 2247 punti a 1739, per gli esperti la fine di un’epoca e l’inizio dell’Era dell’Orso.

Immagini del Charging Bull di Arturo di Modica

Il cittadino americano di Vittoria, ma residente da 40 anni a Soho, come egli stesso ha dichiarato, pensò ad uno scherzo, ad una provocazione. Eppure l’indice in poco tempo salì a diecimila punti, il quintuplo per il miracolo del toro ruggente. Di Modica in effetti era già abituato alle clamorose provocazioni, da quando aveva fatto scaricare in piena notte 60 tonnellate di sculture davanti al Rockefeller Center. E ora si era valso del volantinaggio invitando giornali e TV. E tale fu la fama dell’artista e del simbolo della vittoria della Finanza nella realtà e nel simbolo se Di Modica ne ebbe commissionate altre copie che furono collocate davanti alle borse a Shanghai nel 2010, un toro assai più giovane come la esplosiva Borsa della Cina, e poi a Seul, l’altra città assurta a simbolo dell’innovazione e della tecnologia mondiale, ad Amsterdam.

Una curiosità: la statua risulta ancora di proprietà dell’artista. È vero che nel 2004 dichiarò di volerla mettere all’asta, base di partenza cinque milioni di dollari, con l’agio di sfruttamento dell’immagine, ma con il divieto di mutarne il sito. Prometteva di dare il 10% in beneficenza e di utilizzare il resto per istallare altre opere a New York. Eppure nel 2009 citò la Random House che si era servita dell’immagine nel numero dedicato al crollo della Lehman Brothers.